Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 173
Sotto il suo sguardo irrequieto stendevasi quasi tutta l'isola, con le sue montagne azzurre e il suo mare argenteo, rischiarata dal sole allo zenit: sopra il suo capo brillava il cielo turchino, vuoto e infinito come il pensiero umano.
p. 174
Anania entrò e vide soltanto la vecchia, che filava seduta sul solito sgabello, tranquilla come uno spettro. Sulle brage gorgogliava la caffettiera, e da un pezzo di carne di pecora, infilato in uno spiedo di legno, sgocciolava il grasso sulla cenere ardente.
p. 174
Al ritorno egli credeva di trovare sua madre presso la vedova, e ansiosamente, dopo aver lasciato il cavallo presso la guida, attraversò il paese deserto e si fermò davanti alla porticina nera di zia Grathia.
p. 174
Anania, fermo davanti alla porticina, ascoltava. Silenzio. Attraverso le fessure scorgevasi il chiarore rosso del fuoco. Silenzio.
p. 176
Sì, era ben lei, la pallida e scarna apparizione intravveduta nella finestra nera della cantoniera; nel viso giallo-grigiastro i grandi occhi chiari, sbiaditi dalla debolezza e dalla paura, parevano gli occhi d'un gatto selvatico ammalato.