Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 167
Che unghie, Signore! - osservò la vecchia. - Perché ti lasci crescere così le unghie?
Egli non rispose, ma balzò in piedi e camminò su e giù, furioso, mugolando come un toro.
p. 168
Si guardarono; entrambi reciprocamente sdegnati e pietosi. Allora cominciarono a discutere e quasi a litigare. Anania voleva partire subito, o al più tardi la mattina dopo; la vedova proponeva di far venire Olì a Fonni senza dirle il perché.
p. 169
- Ed allora facciamola venir qui: ma subito, domani mattina.
- Sì, subito, sulle ali d'un corvo! Come sei impaziente, figlio delle mie viscere!
p. 169
Anche nella stanzetta ove egli aveva dormito con sua madre nulla era cambiato; vedendo il misero giaciglio, sotto cui c'era un mucchio di patate ancora odoranti di terra, egli ricordò il lettino di Maria Obinu e le illusioni ed i sogni che lo avevano per tanto tempo perseguitato.
p. 170
Ad Anania, che vedeva quasi ai suoi piedi le valli profonde, pareva di star sospeso sopra un abisso: e mentre le linee delle montagne lontane gli destavano in cuore una dolcezza strana, e gli davan l'idea di versi immensi scritti dalla mano onnipotente d'un divino poeta sulla pagina celeste dell'orizzonte, il vicino colosso nero-turchiniccio di Monte Spada, protetto dalla formidabile muraglia del Gennargentu, lo opprimeva, gli sembrava l'ombra del mostro al quale poco prima aveva lanciato la sua sfida.