Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 153
- Abbiamo concluso che bisogna aspettare. Il padrone mi disse: «Che il "fanciullo" pensi a studiare ed a farsi onore. Quando egli avrà un posto onorevole noi gli daremo la nostra figliuola: intanto si amino pure, e che Dio li benedica». Ecco, tu ora cenerai, spero!
- Ma, infine, posso presentarmi in casa loro come fidanzato?
- Per adesso no: per quest'anno no! Tu corri troppo, galanu meu! La gente direbbe che il signor Carboni è rimbambito, se permettesse una tal cosa: bisogna che tu prenda la laurea, prima...
p. 154
Essa venne, cauta e silenziosa, profumata d'ireos, con un abito chiaro biancheggiante nella notte diafana. Si abbracciarono a lungo, silenziosi, vibrando assieme, ebbri di gioia: il mondo era loro.
p. 155
La corriera attraversava le tancas selvaggie, gialle di stoppie e di sole ardente, qua e là ombreggiate da macchie di olivastri e di querciuoli.
p. 155
Ecco la cantoniera: nel paesaggio, a linee forti, ondulato, verde di macchie selvaggie, s'intravede qua e là qualche filo d'acqua violacea; s'odono fischi d'uccelli palustri; un pastore, bronzeo su uno sfondo luminoso, guarda l'orizzonte.
p. 155
Seduta sul gradino della porta, una donna in costume tonarese, tutta fasciata nelle ruvide vesti come una mummia egiziana, scardassava un mucchio di lana nera con due pettini di ferro: poco distante tre bimbi laceri e sporchi giocavano, o meglio si accapigliavano fra loro.