Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 142
Impeti di gioia gli illuminavano l'anima, a intervalli, violentemente, come la luce dei lampi illuminava la notte. Ricordò quel giorno di pioggia, a Roma, quando il pensiero della morte gli aveva solcato l'anima come il guizzo d'una folgore.
p. 142
Si alzarono e si rifugiarono sotto la tettoia. I lampi brillarono fra le nuvole, e al loro chiarore violetto Anania poté finalmente veder Margherita, pallida come la luna.
p. 143
Anche zia Nanna non era più la donna orribile e nauseante di un tempo; sotto l'involucro immondo di quel corpo nero e puzzante, palpitava un'anima poetica...
p. 143
Anania si alzò e depose la chicchera sul davanzale della finestra; poi respirò forte. Come si sentiva felice! Come il cielo era azzurro, come l'aria odorava!
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Egli continuò a minacciarla; ella continuò a barcollare ed a ridere. Il porchetto, slegatosi, andò a fiutarle i piedi; una gallina saltò sul collo del porchetto, piluccandogli le orecchie; un passero si posò sul sambuco, dondolandosi elegantemente sull'estremità d'una fronda.
E lo studente si sentì così felice che si mise a cantare altri versi del Poliziano:
Portate, venti, questi dolci versi
Dentro all'orecchio della Ninfa mia...