Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 91
- No, è guarita. Cosa guardi lassù? È una falce da mietitore.
- Perché sta appesa sulla porta?
- Per il vampiro, che quando penetra di notte nella camera si ferma a contare i denti della falce, e siccome non arriva che al sette ricomincia sempre. Così arriva l'alba, e appena vede la luce il vampiro fugge. Tu ridi? Eppure è vero. Che Dio ti benedica, - disse poi la mendicante, accompagnandolo fin sulla strada.
p. 91
Anania entrò da Rebecca: ella pareva ancora una bambina, sebbene avesse più di venti anni, livida, calva, accoccolata nel suo buco nero come una fiera malata nella sua tana.
p. 92
- E dallo qui! Ma dove lo metto? Aspetta: lo avvolgo in questo giornale. Io dunque parto, sai. Vado a Cagliari per gli studi. Arrivederci; sta bene e curati.
p. 92
- Anch'io verrò presto a Cagliari; appena avrò un costume nuovo e i bottoni d'oro per la camicia, verrò a Cagliari e cercherò servizio. Così ci rivedremo...
p. 92
Un pastore, che aveva finito di sorseggiare un calice d'acquavite, uscì dalla bettola e pizzicò la fanciulla.
- Sas manos siccas, lepre pelata! - gridò Agata; poi attirò Anania entro la bettola e gli chiese che cosa desiderava bere.