Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 87
Ma dove sei stato, galanu meu? Perche sei uscito prima dell'alba? - chiese zia Tatàna.
- Datemi il caffè! - diss'egli, aspro.
p. 87
Avrebbe voluto gridare di gioia e di spasimo. Albeggiava; tenui veli azzurrognoli coprivano le grandi valli umide, le ultime stelle svanivano.
p. 87
I cespugli odoravano, il cielo dietro l'enorme scoglio cerulo di monte Albo diventava in color di ciclamino; Anania si fermò su una roccia, guardò l'immensa chiostra azzurra delle montagne lontane battute dal riflesso delicato dell'aurora, e ridiventò pensieroso.
p. 88
Zia Tatàna lo guardò; fece un segno di croce per aria, e disse: - Tu hai fatto cattivi sogni, stanotte? Perché parli così, agnellino senza lana? Ti fa male il capo?
p. 88
Lascia la valigia, i libri, le scatole, si precipita in cucina, dove la buona donna scopa con aria tra melanconica e filosofica, forse pensando alle parole funebri dell'«agnellino senza lana», le va sopra, stringe lei e la scopa in uno stesso abbraccio, e le trascina in un giro vorticoso di ballo.