Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 79
L'autunno incipiente velava il cielo d'infinita dolcezza; l'orizzonte si copriva d'un vapore latteo e roseo, che pareva velasse ma lasciasse intravedere un mondo di sogni ineffabili.
p. 79
Addio umili creature inconscie della propria sventura, vecchio zio Pera vizioso, Efes e Nanna disgraziati, Rebecca infelice, Maestro Pane stravagante, pazzi, mendicanti, delinquenti, fanciulle belle e inconsapevoli, bambini votati al dolore, gente tutta infelice o spregevole che Anania non ama ma sente attaccata alla sua esistenza come il musco alla pietra, gente tutta che egli abbandona con gioia e con dolore!
p. 80
Il giorno della partenza si avvicinava, Zia Tatàna preparava una infinità di cose, ed altre teneva pronte nella memoria: camicie, calze, dolci, frutta, focaccie lucide come avorio, pezze di formaggio, e un pollo e dodici uova col sale e vino e miele e uva passa, riempivano mano mano bisaccie, cestini e scatole.
p. 81
- Vedi dunque, tu sei ancora un bambino; a diciassette anni tu vuoi già correre solo pel mondo? Vuoi morire in mare, solo, lontano da tutti, o vuoi smarrirti in una città che tu stesso dici grande come una foresta? Va dunque a Cagliari, adesso: il signor Carboni ti darà tante lettere di raccomandazione: egli conosce tutta Cagliari: anche un marchese conosce.
p. 81
- Addio, - disse Anania entrando nella bottega, - posdomani parto per Cagliari: desideri qualche cosa?