Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 75
- Tu sei bello, sei il primo, tu diventerai giudice istruttore e tutte le fanciulle ti vorranno raccogliere come un confetto...
p. 76
Anania sussultò, si ritrasse, gli parve d'essere umile e pauroso come la chiocciola che appena disturbata si ritira nel guscio; e per qualche minuto non vide e non udì più nulla.
p. 76
laquo;La finisca, dunque!» Sì, egli non poteva scherzare, non poteva parlare: sì, egli aveva capito benissimo; non poteva sollevare neppure gli occhi: egli era povero, era figlio della colpa... «La finisca, dunque!» Che faceva, lui, fra tutti quei signori, fra tutti quei giovani ricchi ed onorati? Come gli avevano permesso di entrare? Come aveva potuto chinarsi all'orecchio di Margherita Carboni e sussurrarle frasi volgari? Perché ora sentiva tutta la volgarità delle osservazioni fatte. Ma non poteva parlare altrimenti il figlio d'un mugnaio e di una donna... «La finisca, dunque!»
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Ella rideva e scherzava, ed egli aveva ben veduto negli occhi di lei il riflesso della sua sdegnosa tristezza; ma gli sembrava che ella non potesse badare a lui che come ad un cane fedele. «Se ella», pensava, «potesse immaginare che io mi struggo dal desiderio di stringerle la mano, griderebbe d'orrore come al morso di un cane arrabbiato».
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Dormiva sempre. Ed anche nei meriggi silenziosi, nonostante il grido continuo di Rebecca, egli finiva con l'addormentarsi, col fior di sambuco nella manina rossa, e il naso coperto di mosche.