Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 43
Il negoziante di pelli era dovuto partire improvvisamente per affari, e il ragazzetto trovavasi solo a casa, solo e libero dopo due giorni di prigionia per una delle solite assenze dalla scuola: inoltre serbava sulla guancia destra il segno d'un poderoso schiaffo somministratogli dal genitore.
- Vogliono che io studi! - disse ad Anania, aprendo le mani, col solito fare da uomo serio. - E se io non ne ho voglia? Io desidero fare il pasticciere: perché non me lo lasciano fare?
- Sì, perché? - chiese Anania.
- Perché è vergooogna! - esclamò l'altro, allungando la parola con accento ironico. - È vergogna lavorare, apprendere un mestiere, quando si può studiare! Così dicono i miei parenti: ma ora voglio far loro una burletta. Aspetta, aspetta!
p. 44
Condusse Anania in una camera sucida e disordinata, ingombra di pelli d'agnello puzzolenti; cercò la chiave del cassettone in un nascondiglio e si fece aiutare ad aprire il cassetto: oltre il biglietto rosso delle cento lire c'erano altre carte-monete e denari in argento, ma i due ladruncoli domestici presero soltanto il biglietto rosso, richiusero, rimisero la chiave.
p. 44
- Ora lo tieni tu, - disse Bustianeddu, ficcando il biglietto in seno ad Anania; - stanotte lo nasconderemo nell'orto del molino, nel buco della quercia, sai; poi aspetteremo.
p. 44
Cadeva una sera chiara e fredda; la luna piena sorgeva fra le roccie nere dell'Orthobene, illuminando l'orto con un chiarore d'oro.
p. 45
- Niente. Ho sentito invece il passo di due uomini, e mi sono nascosto sotto i cavoli. Ecco, sai chi erano i due uomini? Zio Pera e Mastru Pane.