Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 30
Avvertita del caso accorse zia Tatàna, la moglie del mugnaio, una donna non più giovane, ma ancora bella, grassa e bianca, con dolci occhi castanei circondati di piccole rughe, e un po' di baffi biondi sul labbro rialzato.
p. 30
- Or ora ella verrà. E voi zitti! - impose agli uomini e al ragazzetto che si immischiava forse un po' troppo nella faccenda e fissava Anania con due piccoli occhi turchini cattivi e un sorriso beffardo nel rosso visino paffuto.
p. 31
Ebbene, andrai domani. Ora finisci il tuo lavoro, e ricordati ciò che diceva il re Salomone: «La furia della sera lasciala alla mattina... »
I tre uomini tornarono al lavoro: ma spingendo sotto la ruota la pasta delle olive frante, il mugnaio gridava, borbottava, imprecava, mentre gli altri lo deridevano e la moglie gli diceva tranquillamente: - Via, non prenderti poi la porzione più grande. Dovrei arrabbiarmi io, Santa Caterina mia! Ricordati, Anania, che Dio non paga il sabato.
p. 31
I tre uomini tornarono al lavoro: ma spingendo sotto la ruota la pasta delle olive frante, il mugnaio gridava, borbottava, imprecava, mentre gli altri lo deridevano e la moglie gli diceva tranquillamente: -Via, non prenderti poi la porzione più grande. Dovrei arrabbiarmi io, Santa Caterina mia! Ricordati, Anania, che Dio non paga il sabato.
p. 31
Con questa promessa ella lo condusse in una casetta vicina al molino, e gli diede da mangiare pane bianco e formaggio, un uovo ed una pera.