Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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Olì sedette per terra, aprì il fagotto e chiamò Anania che si era arrampicato sul muro per guardare la donna ed il gatto.
In quel momento apparve allo svolto della strada la corriera postale di Fonni, guidata da un omone rosso coi baffi gialli.
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Verso mezzogiorno si fermarono presso un orto dove una donna, con le sottane cucite fra le gambe a guisa di calzoni, zappava vigorosamente: un gatto bianco le andava dietro, slanciandosi di tanto in tanto contro una lucertola verde che appariva e scompariva fra le pietre del muro.
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- Torneremo stanotte? - egli chiedeva. - Perché non me lo avete lasciato dire a Zuanne? È lontano il bosco? È a Mamojada?
- Sì, a Mamojada.
- Ah, a Mamojada? Quando c'è la festa a Mamojada? È vero che Zuanne è stato a Nuoro? Questa è la strada di Nuoro, io lo so, e ci vogliono dieci ore, a piedi, per arrivare a Nuoro. Voi siete stata a Nuoro? Quando è la festa a Nuoro?
- È passata, era l'altro giorno, - disse Olì, scuotendosi. - Ti piacerebbe stare a Nuoro?
- Altro che! E poi... e poi... - Tu sai che a Nuoro c'è tuo padre, - rispose Olì, indovinando il pensiero del fanciullo.
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La giornata s'era fatta tiepida, il cielo azzurro; le montagne, come asciugantisi al sole, apparivano grigie, chiazzate di boschi scuri; il sole, quasi scottante, riscaldava l'erba e faceva scintillare l'acqua dei ruscelli.
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- Perché diavolo vai a Nuoro? - insisteva l'omone, rivolto ad Olì.
- Ebbene, vuoi saperlo? - ella rispose finalmente. - Vado per mettermi a servire. Ho già fatto il contratto con una buona signora. A Fonni non potevo più vivere; la vedova di Zuanne Atonzu mi ha cacciato di casa.