Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 6
Ella recitava qualche strofa in dialetto logudorese, poi riprendeva: «Il fratello di mia madre, zio Merziòro Desogos, dipingeva nelle chiese e scolpiva i pulpiti: però si uccise perché aveva da scontare una condanna. Sì, i parenti di mia madre erano nobili ed istruiti: tuttavia ella non volle sposare il vecchio proprietario. Vide invece mio padre, che allora era bello come una bandiera, se ne innamorò e fuggi con lui. Ella soleva dire, mi ricordo: - Mio padre mi ha diseredata, ma non importa; gli altri si tengano le loro ricchezze, io mi tengo il mio Micheli e basta!».
p. 7
- Abbi pazienza, agnellino mio. Mia moglie morrà presto; ma anche non morisse io troverò il tesoro e ce ne andremo in Continente.
Olì protestò, pianse, non sperò molto nel tesoro, ma continuò ad amoreggiare col servo.
p. 7
La seminagione era terminata, ma Anania andava spesso in campagna per osservare se il grano spuntava, e per estirpare le male erbe dal seminato: nelle ore di riposo, invece di coricarsi, egli diroccava il nuraghe, con la scusa di costruire un muro con le pietre divelte dal monumento, ma in realtà per cercare il tesoro.
p. 7
- Ebbene, a Maras un servo come me trovò un fascio di verghe d'oro. Egli non si avvide che erano d'oro e le consegnò ad un fabbro. Stupido! Ma io mi accorgerò bene... Nei nuraghes, - raccontava poi, - abitavano i giganti che usavano le masserizie d'oro. Persino i chiodi delle loro scarpe erano d'oro. Oh, si trovano sempre dei tesori, cercandoli bene! A Roma, quando io ero soldato, vidi un luogo dove si conservano ancora le monete d'oro e gli oggetti nascosti dagli antichi giganti.
pp. 8-9
Si frugava in seno, mentre Olì toccava l'alloro chiedendo a che serviva.
- Non lo sai, dunque? L'alloro colto stanotte serve per medicina e per tante altre cose: se, per esempio, tu spargi le foglie di quest'alloro qua e là sui muri intorno ad una vigna o ad un ovile, gli animali rapaci non potranno penetrarvi, né rosicchiar l'uva, né rapire gli agnelli.