Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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Anania finiva di seminare il grano sul prato smosso: due merli cantavano dondolandosi su una fronda d'olivastro; grandi nuvole bianche rendevano più intenso l'azzurro del cielo. Tutto era dolcezza, silenzio, oblìo.
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Un giorno il cantoniere si recò a Nuoro per comprare del frumento, e ritornò più triste e disfatto del solito.
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Olì pianse e le sue lagrime caddero, assieme col frumento, entro l'arca di legno nero; ma appena l'arca fu chiusa e zio Micheli tornò al lavoro, la fanciulla andò in cerca del servo.
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Verso Pasqua la fanciulla ebbe occasione di recarsi a Nuoro, e domandate notizie della moglie di Anania seppe che costei era una donna anziana, ma niente affatto benestante.
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- Olì, bada a te, Olì! - disse alla figlia minacciandola con la mano. - Guai se quel servo rimette ancor piede qui! Egli ci ha ingannati persino sul suo nome. Disse di chiamarsi Quirico ed invece si chiama Anania. È oriundo di Orgosolo, razza di pastori, parente di banditi e di galeotti. Bada a te, donnicciuola: egli ha moglie!