Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
p. 114
Per certo la notte del tristo supera gli orrori dell'inferno!
pp. 114-116
Finalmente, quando a Dio piacque, Federico prese sonno; esso era un penoso assopimento dei sensi. L'esasperato spirito vagolò prima in un pelago oscuro, ingombro di fantasmi e di esseri informi e tetri; poi corse, corse come uno sfrenato destriero finchè si fermò. Inallora stette – Federico sognava. Gli pareva di essere in un campo fiorito e là vedere: << Una Donna soletta, che si gia Cantando ed iscegliando fior da fiore Ond'era pinta tutta la sua vita. >> Egli la guardava assiso e invano tentava ritrare gli occhi da lei, che di lui punto si curava. Cheto cheto se le appressa, le sta vicino, le stende una mano... Ma la fanciulla avvertiva fugge come farfalletta che tema di esser presa... Egli le tien dietro ansante... e colei vola... ed egli mosso da facosa brama le corre appresso, l'incalza, la raggiunge, già la possiede.... Se non che in quel momento ecco odesi alto un rimbombo; sotto i suoi piedi spalancarsi la terra – e fra i vortici di fumo e di fiamme – ne sale uno spettro insanguinato […] Essi prendono di peso il misero e lo tonfano in quella broda... Egli s'affanna, si dimena, tenta uscir fuori; ma non fa che balzare, ribalzare e cadere... Federico chiede aiuto, - nessuno risponde; chiama la morte; - ma questa non viene; si cerca un ferro, - si trova nudo.... Inallora esterrefatto mugola una gran bestemmia e si sveglia.
p. 117
Il gallo cantò per la terza volta.
p. 118
Noi diremo alcune parole su questo Etiopo, che ne dovrà assai interessare. Egli era nativo della Libia ed un giorno era ricco e potente; ma la sua stella lo volle misero schiavo. In un funesto scontro che egli ebbe coi Giannizzeri del Soldano, fu fatto prigioniero, trasportato in Oriente e ivi venduto. Caso volle che Federico passando in quelle incontrade lo vedesse e, trovandolo robusto e forte, non che calcolando sulla fedeltà del moro verso il suo padrone e sul terrore che incuteva nei Sardi così fatta genìa, lo comprasse ed accomodasse a suo servigio.
p. 119
Eppure il moro è ospitale come l'Oasi del suo deserto... amico come l'ombra delle sue palme... soave come il frutto del suo cocco... La sua ardenza supera i calori di Sahara, il suo furore, i groppi del Simouhr.