Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 509
Il cieco restava impassibile, fermo sotto la sua maschera dolorosa. Seduto, - non si coricava mai, - con le braccia intorno alle ginocchia, coi grandi denti gialli lucidi al riflesso del fuoco, le palpebre violette abbassate, continuava a raccontare le sue storie.
p. 510
Eccitato dal successo il cieco si animò, si sollevò, raccontò la storia di Tamar e delle frittelle.
p. 510
Erano ricchi pastori con le mogli grasse e le belle figlie svelte: arrivavano a cavallo, fieri e bruni gli uomini, coi lunghi coltelli infilati alla cintura nelle guaine di cuoio inciso, i giovani alti, coi denti e il bianco degli occhi scintillante, agili come beduini: le fanciulle pieghevoli, soavi come le figure bibliche evocate dal cieco.
p. 510
Per tutta la mattina fu uno sbucare di uomini a cavallo, dal sentiero nebbioso; smontavano taciturni, come per un convegno segreto in quel punto lontano del mondo.
p. 510
Il tempo era sempre nebbioso, e intorno alla chiesetta, bruna fra le pietre e le macchie della pianura era un silenzio infinito, un odore aspro di boschi. Il correre delle nuvole sul cielo grigio, dava al luogo un aspetto ancora più fantastico.