Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 505
Non rimasero che una venditrice di torroni e di pupazzi di farina nera ricoperti di zucchero; e due uomini seduti uno per parte davanti alla porta della chiesetta sotto l'atrio in rovina.
p. 505
L'altro, vecchio ma forte, col viso rosso cremisi congestionato, tutta la persona agitata da un tremito che sembrava finto, aveva messo il cappello fra le sue gambe aperte e di tanto in tanto si curvava a guardarvi dentro le piccole monete.
p. 506
Io allora avevo un compagno, Juanne Maria, che mi maltrattava. Mi maltrattava come un cane. Allora questo povero vecchio mi prese con sé: mi teneva come un figlio, non mi lasciava mai la mano se non ero seduto al sicuro.
Adesso è finito...
p. 506
Anche la donna ebbe paura della solitudine e di quella morte improvvisa. Si mise le cassette sul capo e disse: - Bisogna che vada. Avvertirò il medico, a Nuoro.
Così Efix rimase solo, fra il moribondo ed il cieco.
p. 506
- E adesso come farai?
- Cosa vuoi che faccia? Starò qui, aspettando la morte. Ho tutto con me, sia salva l'anima mia.
- Io posso ricondurti fino a Nuoro, - disse Efix, e d'improvviso cominciò a piangere.