Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 496
La vecchia non aveva riaperto i suoi: con le mani rigide, le dita dure aperte, muoveva ancora le labbra violette orlate di nero, ma non parlava più.
p. 496
Dal buco del tetto pioveva come da un imbuto capovolto un raggio dorato che illuminava sul lettuccio il suo corpo nero e le sue collane, lasciando scuro il resto della stanza desolata.
p. 496
La vecchia stava ancora vestita sul letto, coi polsi nudi, rossicci e ardenti come tizzi accesi, pareva assopita, ma quando Efix si curvò su di lei gli disse con voce afona: - Lo vedi? Essa è andata al fiume, per lavare, perché lavorare bisogna. E tu avevi detto che la sposava!
p. 497
Efix guardava come dal fondo di un pozzo quel punto alto lontano; ma d'improvviso gli parve che il raggio deviasse, piovesse su lui, illuminandolo. Tutto era chiaro, così. I suoi occhi oramai distinguevano tutto, gli errori scuri intorno, il centro luminoso, che era il castigo di Dio su lui.
p. 497
Il tempo era bello; le valli eran già coperte d'erba e le pervinche fiorivano sorridenti come occhi infantili.