Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 94
Mantegazza, riguardo ai sardi, parlò di inerzia e di malaria; il Corbetta invece parlò d'inerzia e d'infingardaggine, proveniente da un certo fatalismo a cui si abbandonano.
p. 94
Essi – come i cinesi – lavorano all'aria aperta, sotto una semplice tettoia che li ripara dal sole o dalla pioggia, in vista dei passanti, movendo col piede destro la ruota inferiore, e modellando sulla superiore le brocche, le anfore, i vasi, e qualunque altra stoviglia, che il Corbetta rassomiglia a quelle ben conosciute (dice lui) di Biella.
p. 95
i>De sa cittadi de Tarros/Portan sa perda a carros.
p. 98
Oristano è una città eminentemente calunniata. Ognuno esagerò ed esagera la sua malaria, le sue febbri... ed altro ancora. Fu già detta la tomba dei forestieri. Maltzan, che chiama insalubre tutta la Sardegna, scrive per Oristano che essa è l'orrore di tutti gli orrori.[...] Se poi è vero che a Oristano le febbri di stagione si verificano di frequente, esse non sono diverse di quelle che si colgono in molti altri paesi dell'isola, che pure non godono del titolo di “tomba dei forestieri”!
p. 99
L'Angius ci parla della fetidissima palude detta Cea Cuccu.