Stefano Sampol Gandolfo
Roma, Tip. G. Ciotola
L'eremita di Ripaglia ossia l'antipapa Amedeo VIII di Savoia
Stefano Sampol Gandolfo
p. 207
Però Dio è grande, Dio è giusto.
p. 208
In poche ore una innocente colomba, rapita crudelmente da un branco di crudeli sparvieri!
p. 209
Avremo tempo a imprecare alla sua ipocrisia, quando avrà contristato colla sua ambizione, colla sua gelosia, colla sua perfidia il mondo intiero. Quando, circondato da uno stuolo di eresiarchi, di scomunicati e di apostati, lo vedremo baldanzosamente assiso sul trono dei pontefici, cagionare con altre infamie la morte al legittimo Vicario di Cristo, e mercanteggiare, Giuda novello, sul prezzo del venduto onore, e dall’usurpato triregno.
pp. 213-214
Chi ha la memoria più fresca e si rammenta delle melliflue espressioni, con che scriveva e faceva scrivere il padre del re Umberto I, il re Vittorio Emanuele II alle Corti sovrane d’Europa ed allo stesso addolorato Pontefice Pio IX, dopo la spietata breccia di Porta Pia, dopo averlo fatto bombardare, spogliare e chiudere prigioniero in Vaticano.
pp. 216-217
Avvi nel Piemonte antico una città. […] Ed è questa la città di Cuneo.
[…] Nello sbocco che fanno il Gesso e la Stura delle vallate alpine nella pianura adiacente, essi convergono talmente col loro alveo, che dopo aver lambito, il Gesso a levante e la Stura a ponente, una specie di promontorio, ultimo dei colli subalpini, confondono insieme le loro acque.
Questa pittoresca altura, circonvallata in tre lati dai fiumi e chiusa a ponente dalle montagne, veniva sagacemente additata nel 1120 da un accorto abitatore del Castello di Caraglio ai suoi compatriotti, come luogo di sicuro asilo contro i vilissimi oltraggi e contro la tirannide dei feudatari loro signori. Consiglio saggio, che come tale unanimemente riconosciuto, e unanimemente adottato, fu l’origine in breve della fondazione di Cuneo. Denominazione codesta anche felice, perché conveniente alla forma che presero i suoi fabbricati; conica essendo appunto la figura del colle, su cui sorgevano e che inespugnabile spesso la rese e per le sue inclinatissime pendici sopraposte ai due fiumi, e perché da un lato solo accessibile.
Primi infatti a sperimentare la resistenza delle sue fortezze furono nel 1374 i Brettoni. Pretesero nel 1484 di assediarla e di assaltarla i marchesi di Saluzzo, quindi per ben tre volte i francesi dal 1548 al 1691; e finalmente i galli ispani condotti dal celebre principe di Conti; ma inutilmente; ché furono vergognosamente e sempre respinti. Solo all’austriaco generale Melas riuscì d’impadronirsene nell’ultima guerra della rivoluzione francese colla sua potentissima artiglieria. Ma viva e lunghissima fu pure la reistenza, che ei dové soffrire non solo dagli assediati delle sue fortificazioni, ma anche da tutti gli abitanti, che si difesero con un coraggio piuttosto unico che raro. Divenuti i Francesi signori dell’Alta Italia per la famosa vittoria di Marengo, tutte le fortificazioni della valorosa città furono distrutte.