Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
p. 5
Volgeva l'anno 1293.
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Que'suoi raggi d'oro si diffondevano negli spazi, si stemperavano in mille svariati colori e dispensavano ognidove i loro grandi benefizi. - Il cielo si faceva ognora più azzurro e sembrava si atteggiasse a un sorriso, mentre la natura rallegrata dal canto degli uccelli mostrava il suo aspetto gaio di verzura e lievemente indorato dai raggi del sole.
pp. 6-7
Intanto da un sobborgo posto nel fondo di una valle, e da una chiesuola, in vicinanza di esso, veniva per l'aria un frastuono confuso di campane suonate a distesa, di canti e di zampogne, di tamburelli e di pifferi, che trasmettendosi per ondulazioni e ripetendosi languidamente dall'eco, si udiva da lontano come il concerto di una soavissima melodia. [...] Ella si vedeva contenta del suo signore, però ansiosa che ormai Dio le conceda un pegno del suo inalterabile affetto. Sparsi qua e là venivan dietro, mirandi saltellanti di fanciulli bianchi e vispi come cerbiati; più lontano, vegliardi incalliti e ricurvi sui loro vincastri - e ancor più giù, una massa bruna di vecchierelle vestite a gramaglia.
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Lo sposo, soddifatti i suoi voti, teneva giulivo alle groppe del mansueto palafreno la fida compagna.
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Taluna iva mesta e silenziosa, spingendo sul paffuto garzone la furtiva occhiatina, la quale per magica influenza, produceva sul brunello l'armoniosa impressione.