Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
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Eppoi Giuliano era un giovine assai bello, e vestiva elegante. Il suo viso florido, roseo, ridente come la gioia dell'amore era delineato con grazia singolare, una folta capellatuara bionda, ricciuta – un paio di occhi cilestri teneri, dolci come una carezza, e due baffetti d'oro, l'aggiungevano beltà e sentimento. Era d'alta taglia, flessibile, gentile – avea le mani rosee, vellutate, egli non era indegno di esser chiamato figlio d'Albione.
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Violetta frenava un sauro puledro, feroce negli occhi e dalle narici dilatate, che sbuffavano fuoco; ella lo guidava con assai bel garbo, e sembrava un'amazzone, con tutta la capricciosa avvenenza.
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Giunti pertanto nell'ovile, fu una gran noia da parte dei pastori che ci ricevettero con somma cordialità; poco dopo si inagurò la tosatura con certe cerimonie pastorali, con certe tosature e oblazioni in croce, fatte su una nivea pecorella, e tosto i pastori dettero mano ai ferri e intrapresero il lavoro. La comitiva s'era abbandonata all'allegrezza. Era bello vedere quelle gaie pastorelle, quei vispi garzoncelli, quali cantare sulle corde d'una sarda cetra, quali al suono della zampogna, quali formar cori e intrecciar carole con un tripudio farnetico esuberante.
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In quel momento odesi nel vicino macchione un cozzar di sterpi e arbusti, e vedesi commuover ogni fronda, e distrigarsi aspramente, e tosto saltare fuori inferocito, un mostruoso cinghiale.
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Smorì il vermiglio delle nostre guancie quasi rose saettate dal cocente sole.