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Marcello Cossu

Marcello Cossu

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

p. 114
Il sole coi suoi languidi raggi illuminava la natura d'una fievole luce, che gratamente si sposava al colore dei pampini e alle foglie cadenti degli alberi. La campagna sorrideva d'un tal melanconico sorriso; e mentre porgeva all'uomo gli ultimi suoi doni, si disponeva con serena mestizia ricevere dal crudo inverno i ferali suoi lenzuoli di neve.

flora e fauna, geografia, lingua

p. 114
Talvolta l'usignolo snodava il canto; ma i suoi gorgheggi, non più lieti, non più giocondi, sembravano gli accordi del liuto che accompagni il canto d'una catastrofe d'amore... In quella vece gracchiavano i corvi noiosamente, fendendo l'aer colle loro lugubri ali... Il zeffiretto, che pur solea cortese scherzare tra fronda e fronda, e vezzeggiare col suo amorevole sussurro i frutti, le foglie e i fiorellini ora è divenuto sgarbato, crudele; spoglia ogni pianta, ogni cespo dei loro più belli ornamenti.

flora e fauna, lingua

p. 115
Primeggiava fra tutti, Bono per la sua grandezza e ricchezza di pascoli e di bestiame; esso mi rammentò l'illustre nostro concittadino Giammaria Angioi che vi sortì i natali, il quale fu il primo a scagliar la pietra contro il feudalesimo, barbaro dominio che soggiogava tuttavia l'Isola colla più abbietta schiavitù. Ma egli fu vittima della tremenda ira feudale, fu bandito dalla patria, e gli toccò morire in terra straniera!... Mi rammentò un mio compatriota, l'esimio sacerdote Francesco Murroni, Parroco di Semestene; il quale, odioso anch'egli della tirannide, dotato di nobili sentimenti e di generoso ardire, avea preso ardente parte in quei moti liberali; ed egli pur si ebbe la stessa sorte toccata agli altri; fu catturato e chiuso infamemente nelle carceri di Sassari, ove morì pochi anni appresso!... Anche Bono con a capo il dottor Salvatore Frassu – altro illustre suo cittadino – come la maggior parte dei villaggi settentrionali, prese viva parte a quell'unanime grido di redenzione.

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pp. 115-116
Per cui partì da Cagliari il 20 giugno 1796 una Commissione Regia composta dei cavalieri Musso, Guiso, Delirio e Pintor-Sirugu ossia Pintoreddu. Arrivano in Bono il 20 luglio; piantarono 2 cannoni in S. Raimondo, i Bonesi fuggirono nella montagna di Suruddò tutti armati e facendo fuoco alla truppa. Si diede intanto il sacco al villaggio, uccidendo porci e bestiame: incendiando le case dei capi di Bonifacio Cocco, di Costantino Angioi, dei fratelli Rabatta e di Giovanni Antonio Manconi. Le truppe trovarono provvista di pane, carne e vino in molte case, si diedero a mangiare e bevere tanto che i soldati di Schmit restarono ubriachi, e cadevano per le strade. I Bonesi intanto erano all'erta, scesero dal monte, e s'impossessarono dei cannoni che portarono in trionfo dentro il villaggio. La Commissione partì per Ozieri, e l'affare fu ultimato con un'amnistia, e furono pure restituiti i vasi sacri che nel saccheggio furono tolti dalla chiesa.

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pp. 116-117
Gli altri villaggi della ricca valle sono paesucci che gemono nella miseria; privi di convenienti comunicazioni, che mettano nei principali centri inciviliti dell'Isola, non fruiscono del progresso ognora crescente; mancano d'attività, perchè mancano del commercio; son poveri oscuri, perchè le loro braccia non bastano a ben coltivare quelle care campagne, che pur sorridono loro intorno! Un tempo però quell'incantevole contrada doveva essere animata da alacri e numerose popolazioni educate all'industria, incallite nel lavoro, donde gli antichi dominatori avranno ricavato ricchezze immense. In quei pressi si riscontrano vestigi d'una remote prosperità. Ora quasi tutta la vasta regione giace incolta, muta; appena la terza parte è solcata dal modesto vomere dell'agricoltore, il rimanente è abbandonata al vandalismo della pastorizia.

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