Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
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Si sa, proseguì Paolo >> sogliono chiamarlo: don Blas d'Aragona!. << Infatti il Castello di Burgos fu posseduto un tempo dagli Aragonesi; anzi furono gli ultimi ad abbandonarlo.
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Giornata terza: - Una partita alla Caccia grossa. << Magnifica anche questa! - Comochè io confessi la mia modestissima abilità nel cacciare; pur mi sarà lieto vedere il Sardo alpigiano educato alle robuste abitudini della caccia, lavorare con quella disinvoltura e animosità sua propria. [...] Vedrò là il pacifico vignajuolo intento alla vendemia, e la gioconda villanella che s'inghirlanda il crine con dei pampini, e che canta festevolmente il canto dei suoi amori.
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Giornata quinta; - Ognisanto. - Questa festa ne sarà giocoforza passarla al villaggio, seguì Riccardo >> però voglio, sperare, non ti riescirà a noia. Se fa bel tempo, in quel giorno si daranno i balli pubblici a cui concorreranno frotte di contadini e contadine azzimati dei loro abiti festivi per ballare allegramente, con quella incomparabile leggiadria. Sulla sera poi – la sera dei morti – ne sarà pietoso dovere far visita al camposanto, ove vedrai le nostre vedovelle vestite a corrotto, squallide, scarmigliate innalzare un gran lamento sulle sepolture dei loro defunti consorti.
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Il sole era tramontato da un pezzo, rimaneva del giorno la luce del crepuscolo che si andava facendo sempre più fievole e smorta, rendendo la natura cupa, misteriosa e sublimemente melanconica.
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Noi avevamo traversata la pianura e comincievamo a mettere nel bosco. Questo era foltissimo e rigoglioso per secolari quercie, pei giganteschi alberi d'elci, faggi e roveri, e per le piante di corbezzolo e di ginepro. In alcuni luoghi riusciva inacessibile al passo umano, così era stipato di macchie di rovo, di sterpi e d'arbusti selvatichi. Le ombre della notte cupamente calando, lo rendevano ognora aspro e forte, come la selva selvaggia di Dante.