Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
pp. 31-32
Ecco, ripigliava io, trinciando un pollo ben rosoluto e poi di essermi sghermito alquanto degli effimeri assalti della fame >> ecco, questo si chiama mangiare da Cristiani.... A Sassari invece, in quelle locande lì, t'asciugano la borsa per benino, e ti rimpinzano lo stomaco con dei intingoletti camuffati da nomi barbareschi, e che in fondo non sono che carni stantie e verdure di assai basso nome... Ora si hanno preso l'uso di servire alla carta; vò aggiornarvi di questo servizio in voga.
p. 31
Io Riccardo e quel giovine paesano, ci ponemmo allegramente attorno al desco.
p. 32
E'vero, mi dicete, che spesso vi accadrà – come infatti avvenne a me – d'ordinare v. g. delle braciuole di vitello, e d'offrirvele di montone - dello stufato di capretto e servirvelo d'agnello, di gatto e che so io.
p. 33
Intanto, signori miei, qui mi pare d'aver trinciato per benino questo pollo, - e se non secondo le regole della Grammatica, come pretendeva dal figlio quella buon'anima d'un babbo, secondo quella della sculcheria, che come sapete è quell'arte, che insegna a ben trinciare le carni. Ora a voi, miei buoni commensali, tocca a voi far onore al pollo, servendovene copiosamente come faccio io.
pp. 33-34
Orsù, buon Paolo, proseguiva poi accarezzando il giovine, che alla sorpresa del parente si era fatto rosso fino al bianco degli occhi, non prenderti a male se io faccio a parte dei tuoi amori questo fratello.