Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 12
Nè stette molto; chè il vetturino, tolte in mano le guide e distribuite gratuitamente ai cavalli una furia di scudisciate, il legno si mosse, partì a gran carriera, uscendo da Sassari verso la parte del Molino a vento.
pp. 12-13
Ma si, noi Sardi fummo sempre tenuti cadetti a quelli.... onde le cure della comun madre non ne potranno mai venire come da matrigna!!! E ci fanno di peggio, che la mercede, che ci avevamo guadagnato coi lunghi sudori sparsi e col sangue dei nostri figli, ci contendono sfacciatamente... e non si vergognano di rimuovere le promesse come più lor talenta, anche sieno sancite dal voto dell'intera nazione!... Pare incredibile, ma è pur vero – questa terra infelice non fu così malmenata neppure dagli stessi suoi barbari conquistatori!
p. 13
Io ricorderò col cuore trepidante le memorie che la riguardano, allora quando fu soggiogata dall'imperio di Roma. Venuta in potere di questo – dice il Tola - << ebbe ordinamento e leggi certe, ebbe governanti meno rapaci e si vide indirizzata a qualche fine di prosperità e d'incivilimento. Fu allora che i municipi e le colonie dell'isola tranquille per lunga pace prosperarono; che le città sarde, popolose e fiorenti per industria e per ricchezze, con egregi monumenti, dei quali ancora rimangono i vestigi, si abbellirono; che la gran via militare e le provinciali si aprirono; che gli acquedotti, i teatri, i templi, tante altre superbe opere sursero... Fu allora che i Sardi alla mercatura, alle civili arti, ed alla milizia intesero; che delle umane discipline coi lumi della metropoli, e col buon seme delle lettere greche e latine lasciatovi da Ennio per avanzare in civiltà si giovarono. Allora vissero Famea e Tigelio; allora gli ordinamenti, i costumi, le pratiche, le abitudini della sarda provincia a quella della romana madre in qualche modo si assomigliarono.
pp. 13-14
Tempi gloriosi fortunati per la povera Sardegna, che non rivedrà mai più!... Eppure inallora questa terra romita era tenuta in conto di schiava dal suo superbo dominatore; e non aveva il diritto di propugnare presso cui la governava i suoi interessi.... Ed or che la novella Roma è surta a sua vita gloriosa, quasi venisse evocata dai cospicui monumenti dei suoi tempi eroici; or che si sperava spuntata quell'alba d'eguaglianza, in cui si sarebbero colti i frutti delle durate fatiche - sparse le gioie dei superati ostacoli - avuto il premio alla virtù; ora a questa nostra terra, che potentemente contribuì e contribuisce a sì gran meta, ora le vien contrastato, il mezzo d'incrementare i suoi commerci, epperò di progredire nella civiltà e nel ben'essere delle sue terre. O, non sia mai che si perduri in questa scandalosa ingiustizia, in un sì indecorosa procedere; e diciamolo pure, nell'ostracismo in cui, noi sardi, siamo imeritevolmente tenuti!
pp. 14-15
Inallora io ripresi lena. Osservai il cielo, la natura - niente di nuovo, nulla di bello, di filosofico. Guardai il carrozziere, un brutto coso, arrufato, aspro, bilioso.