Marcello Cossu
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 87
Quei colossi di natura, dalle braccia lunghe vigorose, dalla chioma foltissima e nera, sembravano un esercito di giganti, là acquartierati per qualche straordinaria impresa.
p. 88
Bernardo smontò di sella, legò il cavallo al tronco di un elce e prese a salire sul monte.
pp. 88-89
Non è questa la voragine, dove convengono i demoni e le streghe a ballare il trescone? O babbo crudo, perchè mi hai quì condotto? Ma pure Vissenteddu stette saldo; non richiamò il padre e si sedette sul limitare di quella voragine, chiamata dal volgo la bocca dell'inferno
p. 89
Non filo d'erba, non canto d'uccello, non vestigio di piede umano.
pp. 89-90
Finchè il sole splende sull'orizzonte, il pastore vi pòascola senza paura l'argomento, e il boscaiuolo vi abbatte cantando i rami delle vecchie piante; ma quando la notte investe le sue ombre la terra, il villanello vi passa correndo, facendosi le croci per lo spavento; parocchè pargli udire sotterranei rumori e scrosci di catene, e veder luci sinistre uscite d'inferno. Tale era Arquerì, la voragine in cui Bernardo aveva condotto il suo figlio Vissenteddu.