Marcello Cossu
Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
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Costei era nativa di Aritzo della non lontana Barbagia.
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Erano abiti semplici dell'antica impronta, che sembravano di gente uscita appena dalla vita silvestre delle boscaglie. Due falde di panno rustico e rinterzate sui fianchi si strettamente, da durar fatica nel camminare: e sul capo, a guisa di morione, un cappuccio di saia bruna, che gira sotto il mento, ove s'inganghera, e lascia cadere due faldoni sul petto, mentre scende di dietro in una specie di gronda lungo il collo, le spalle sino alle reni.
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Ritedda solea vestire una sottana di fine lana a pieguzze, che le ricadeva lungo i torniti fianchi; un giubbetto ricamato a fiori e fettucce d'oro, stretto alla vita e aperto sul petto, che faceva risaltare l'esuberanza dal suo seno, ed in testa, l'ellenico peplo d'un bello scarlato, con intorno un listello azzurro, assicurato da una catenina di eletto metallo, che le dava la sembianza di una graziosa Briseide.
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Come fosse avvenuto che, la madre di Ritedda, per nome Lucia, avesse trasportato i suoi penati da Aritzo a Lanusei, lo si sapeva dalla generalità degli abitanti. Lucia era stata una tradita vergine, scacciata dal domestico focolare, e venuta a ricoverarsi nella ospitale Lanusei, dove, in capo a pochi mesi, aveva dato alla luce una graziosissima bambina.
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Madre e figlia si erano date con assiduità al lavoro. Esse davano opera alla lana e al lino, e tessevano tele candidissime, tovaglie e tovaglioli a scacchi, a rabeschi; drappi lani di molle ordito per gonne e farsetti da femmine, ed albagi crudi, serrati e pilosi per vesti da uomini. Sicchè, sedevano tutto il giorno al telaio, all'ago, all'aspo.