Marcello Cossu
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
p. 151
Traversammo così quei vasti e ardentissimi deserti, che dividono l'Etiopia dal mare e finalmente, con la letizia del cuore, c'imbarcammo per Iaffa.
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Simile alla sposa novella sorridente nel viso, procinta la fronte di rose e di gigli, sorgea l'aurora. Essa sembrava si specchiasse sul tremulo elemento quasi volesse porre in più vaga mostra quei sontuosi addobbi d'oro e di porpora... Poco dopo il sole sorgeva dal mare – era tutto sanguigno, tutto rosso come di fuoco – e lento lento si elevava di radando i vapori che lo coprivano.
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Odesi fischiar frombole e saette e voci strazianti di feriti e di moribondi.
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Così fantasticava quando vedo comparirmi innanzi come due variopinte farfallette, due verginelle vestite di bianco - esse avevano i crini d'oro e gli occhi del colore del cielo.
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Andava tra me pensando: Forse io sarò stata rapita in sogno dal mio Profeta a deliziarmi anzi tempo nel suo Olimpo... - forse, incantata dalle fate, venni da loro chiusa in uno di que' palagi che tengono sottoterra e che son di cristallo; ove secondo che narrano le nostre leggende i desinari, le cene e tutte cose s'apprestano da mani invisibili e vi sono cavalieri cangianti in alberi o in rupi, e amanti trasformati in sorgenti, che col loro querulo mormorio ti raccontano la storia d'uno sfortunato amore.