Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 152
Era lei, la vecchia colomba messaggera, era lei che tornava portando fra le pure labbra, come un fiore di vita o di morte, la parola fatale.
p. 152
Davanti al forno il gattino aspetta ancora il passaggio del topo, e deve già sentire qualche rumore perché la sua coda freme: infatti, dopo un momento, Anania sente uno stridio, un piccolo grido di morte.
p. 152
- Fammi il piacere, Nania Atonzu, dimmi, chi a Nuoro può avere mille scudi in oro?
p. 153
- Abbiamo dunque concluso... Va via, gatto! - gridò zia Tatàna, tirando il lembo della tunica, sul quale il gattino s'era comodamente adagiato leccandosi i baffi con orribile soddisfazione.
p. 153
- Abbiamo concluso che bisogna aspettare. Il padrone mi disse: «Che il "fanciullo" pensi a studiare ed a farsi onore. Quando egli avrà un posto onorevole noi gli daremo la nostra figliuola: intanto si amino pure, e che Dio li benedica». Ecco, tu ora cenerai, spero!
- Ma, infine, posso presentarmi in casa loro come fidanzato?
- Per adesso no: per quest'anno no! Tu corri troppo, galanu meu! La gente direbbe che il signor Carboni è rimbambito, se permettesse una tal cosa: bisogna che tu prenda la laurea, prima...