Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 149
Al di là del cortile, nella straducola, passava un piccolo mandriano a cavallo, cantando in dialetto:
Inoche mi fachet die
Cantende a parma dorata...
p. 149
Ma d'un tratto ricordò che era d'estate e si mise a ridere: poi guardò a lungo il gattino rosso che stava davanti al forno, immobile e pronto, coi baffi irti e la coda tesa, aspettando il passaggio di un topo.
p. 150
Il contadino cominciò a dire parole insolenti; il vecchio falegname s'irritò e gridò: - Se non la finisci ti butto un sasso, faina pelata.
p. 150
Solo, dopo un quarto d'ora circa, due voci risuonarono dietro il muricciuolo; poi una terza, una quarta: erano i vicini che si riunivano così ogni notte davanti alla bottega di maestro Pane, per godersi il fresco e chiacchierare.
p. 151
- Oh, - gridò Agata, affacciandosi al muricciuolo, - buona notte alla Vossignoria. Che cosa fai lì al buio, pipistrello? Fa vedere il tuo bel viso.