Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 144
- Non dire bugie; raccontami piuttosto tutto ciò che è accaduto a Nuoro durante quest'anno.
p. 144
Un signore aveva incaricato lei, Nanna, di rubare il laccio della scarpa di Margherita; la serva della famiglia Carboni diceva che tutte le mattine la sua padroncina trovava sulla finestra lettere d'amore legate con nastrini azzurri...
p. 145
I bruchi avevano ridotto i cavoli a mazzi di strani merletti grigiastri; le altee, filogranate di bocciuoli e adorne di fiori violacei senza stelo, tagliavano lo sfondo azzurro del cielo coi loro disegni bizzarri.
p. 146
La luna illuminava il cortile, e nella notte diafana il canto tremulo dei grilli faceva pensare ad un popolo di folletti minuscoli, ciascuno dei quali suonasse un violino scordato, accompagnando con quel motivo monotono il mormorio delle foglie umide di rugiada.
p. 146
Passava e guardava come uno straniero; e nel quadro di quei tuguri neri e cadenti, in mezzo a quelle figure semplici primitive, gli sembrava di essere un gigante di passaggio. Sì, gigante ed uccello: gigante per la sua superiorità, uccello per la sua gioia.