Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 401
Mentre il Milese traeva da una scatola le lunghe berrette di panno nero, ed Efix ne misurava con la mano aperta la circonferenza, qualcuno apri la porticina che dava sul cortile; e nello sfondo inghirlandato di viti apparve, seduta su una lunga scranna, una donna imponente che filava placida come una regina antica.
p. 402
- È vero! Io sto qui appunto in paese perché devo comprare un cavallo per lui.
- Un cavallo di canna? - domandò allora don Predu, ridendo goffamente. - Ah, ecco perché ti ho
visto uscire dalla tana di Kallina.
p. 402
- Ecco mia suocera: domanda a lei se queste berrette non costano a me nove pezzas, - disse il Milese, mentre Efix se ne misurava una tirandone giù sulla fronte il cerchio e ripiegandone la punta alla sommità della testa. “Hai scelto la migliore; non sei semplice come dicono! Non vedi che è una berretta da sposo?
- È stretta.
- Perché è nuova, figlio di Dio, prendila. Nove pezzas: è come che sia buttata nella strada.
Efix se la tolse e la lisciò, pensieroso; finalmente mise sul banco la moneta dell'usuraia.
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Rivedeva la chiesetta grigia e rotonda simile a un gran nido capovolto in mezzo all'erba del vasto cortile, la cinta di capanne in muratura entro cui si pigiava tutto un popolo variopinto e pittoresco come una tribù di zingari, il rozzo belvedere a colonne, sopra la capanna destinata al prete, e lo sfondo azzurro, gli alberi mormoranti, il mare che luccicava laggiù fra le dune argentee.
p. 403
Donna Ester fece fare il pane apposta, un pane bianco e sottile come ostia, quale si fa solo per le feste, e di nascosto dalle sorelle comprò anche un cestino di biscotti.