Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 137
- Che c'è dunque? Raccontatemi: che cosa dicono di me? - domandò Anania.
- Ma niente, ma niente! Lascia gracchiare le cornacchie... - rispose la vecchia.
p. 138
- E se invece di benedirlo lo scaccia via come un cane! - domandò la vecchia.
- Va là, femminuccia, - esclamò il contadino, versandosi ancora da bere, - il tuo re Salomone diceva che le donne non sanno quel che dicono! Se io invece parlo ho già pesato le mie parole. Il padrone benedirà.
p. 138
Lo studente batté sul tavolo il bicchiere, così forte che il gattino trasalì.
p. 138
- Sì, io sono ignorante e mio figlio è istruito, va bene. Ma io sono più vecchio di lui. I miei capelli, ecco qui (se ne tirò un ciuffo sugli occhi, cercò e strappò un capello bianco), cominciano ad incanutire. L'esperienza della vita, moglie mia, rende l'uomo più istruito d'un dottore. Ebbene, figlio mio, io ti dico una sola cosa: interroga la tua coscienza e vedrai che essa ti risponderà che non si deve ingannare il proprio benefattore.
p. 139
- Come batte il tuo cuore! sembra quello d'un uccello ferito. Ma sei guarito davvero, dimmi?