Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 71
Ed ecco che si trovava sull'orlo della strada, in un rosso crepuscolo d'estate e vedeva Margherita passare, povera anch'essa ed esiliata sull'alto paesello, coi fianchi stretti dalla gonna d'orbace, l'anfora sul capo, simile alle donne bibliche come lo sono ancora tutte le Barbaricine.
p. 71
- Come sono vile, - pensava, - vile fino alla menzogna. Io potrò studiare e diventare avvocato, ma anche moralmente resterò sempre il figlio d'una donna perduta...
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E sempre intorno a lui svolgevasi la stessa scena, con gli stessi personaggi: ancora il sambuco profumava l'aria e gettava foglie nella cameretta silenziosa; il vento portava dalle valli il soffio della selvaggia primavera nuorese; le api ronzavano nell'aria tiepida, e ancora, a intervalli, vibrava il lamento di Rebecca.
p. 73
- E poi dove andrai? In continente?
- Sì!, - rispose Anania con impeto. - Andrò a Roma.
- Ci sono tanti conventi a Roma, e più di cento chiese, non è vero?
- Oh! più di cento, certamente.
p. 73
Anania frequentava tutte le case del vicinato, e specialmente la domenica s'indugiava qua e là, portando nei miseri ambienti neri l'eleganza del suo vestito bleu, della cravatta rossa e del colletto alto, sotto il quale celavasi il cordoncino dell'amuleto di Olì.