Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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Basta, Anania grande si consolava pensando a ciò; tuttavia gli rimaneva in cuore un senso di tristezza, e guardando in lontananza gli pareva di scorgere i nuraghi che circondavano la cantoniera di Olì; e durante l'ora dei pasti, o mentre si riposava all'ombra dei pini sonori, interrogava il figliuolo sulle sue vicende passate.
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Che differenza fra la cucina, la figura e i racconti della vedova di Fonni, e la cucina pulita e calda e la figura soave e le storielle meravigliose di zia Tatàna!
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- Va, - diceva ad Anania, finito il pasto frugale; - là dove c'è quel fico, vedi, c'era una casa antichissima. Va e fruga per terra, chissà che tu trovi qualche cosa.
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Ella era vestita di verde, con calze violette ed aveva intorno al capo una sciarpa di lana rossa che coloriva ancor più le sue guancie paffute e faceva risaltare l'azzurro degli occhi lucenti.
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l signor Carboni, grosso, rosso in viso, con gli occhi azzurri e i capelli rossicci, col gilè di terziopelo attraversato da una enorme catena d'oro, veniva salutato, riverito, ricercato dai personaggi più cospicui, dai paesani e dalle paesane, dalle signore e dai bimbi che gremivano la chiesa.