Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 48
Davanti alla casa bianca del signor Carboni si stendeva un cortile quadrato recinto d'alti muri e con un grande portone rosso.
p. 48
- Figliolino mio, - disse ad Anania, - va dal signor padrone a chiedere un po' di brodo per Efes Cau. Va: vedi come riduce il peccato mortale? Va, prendi questa scodella, va.
p. 49
Egli conosceva già la figlia del padrone, Margherita Carboni, come la chiamavano tutti i bimbi che frequentavano il molino; qualche volta ella gli aveva dato i lucignoli ed anche l'orzo per il cavallo, e quasi tutti i giorni egli la vedeva nell'orto e ad intervalli anche nel molino, dove essa si recava con suo padre; ma mai s'era immaginato che quella signorina grassa e rossa e dall'aria superba fosse così affabile e buona.
p. 49
Egli conosceva già la figlia del padrone, Margherita Carboni, come la chiamavano tutti i bimbi che frequentavano il molino; qualche volta ella gli aveva dato i lucignoli ed anche l'orzo per il cavallo, e quasi tutti i giorni egli la vedeva nell'orto e ad intervalli anche nel molino, dove essa si recava con suo padre; ma mai s'era immaginato che quella signorina grassa e rossa e dall'aria superba fosse così affabile e buona.
p. 49
- È un male che viene agli ubriaconi, - spiegò Anania. - Si contorceva come un gatto...
Appena dette queste parole egli arrossì ricordando il gatto preso al laccio da zio Pera, e le cento lire rubate e nascoste nell'orto.