Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
p. 15
- Ah, sorella cara, mio marito si sarebbe appiccato ad una quercia prima di commettere l'azione vile di Anania.
p. 15
- Come morì? In un'impresa. Egli non stette mai in carcere, - osservò con fierezza la vedova, - sebbene la giustizia lo ricercasse, come il cacciatore ricerca il cinghiale.
p. 15
- Sì, mio marito era parente di Anania, ma in ultimo grado, poiché anche lui non era fonnese natìo. I suoi avi erano di Orgosolo.
p. 16
- Io aspettai quattro notti, ma ero triste: ogni passo che udivo mi faceva battere il cuore; e le notti passavano, il mio cuore si stringeva, si faceva piccolo come il seme d'una mandorla.
p. 16
La vedova diede un sospiro che parve un grido, poi tacque; e Olì la fissò a lungo, ma ad un tratto il suo sguardo seguì lo sguardo atterrito di Zuanne. Le manine del bimbo, dure e brune come zampe d'uccello, si agitavano e additavano la parete.