Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1945
Cenere
Grazia Deledda
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Dietro il nuraghe due dei suoi fratellini, nascosti in una macchia, fischiavano richiamando un passero: per l'immensità del paesaggio non s'udiva voce umana, non passava nessuno.
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- Allora me ne andrò lontano; e se tu vorrai venir con me ti porterò via, in Continente. Io conosco bene il Continente, perché è da poco tempo che ho finito il servizio militare. Sono stato a Roma e poi in Calabria ed in altri posti ancora. Là tutto è bello... Se tu verrai...
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- Eppoi so di tanti altri accusorgios, - egli disse con voce grave, mentre Olì coglieva finocchi selvatici; - io finirò bene col trovarne uno, ed allora...
- E allora? - chiese Olì, un po' beffarda, sollevando gli occhi che al riflesso del paesaggio parevano verdi.
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Il servo prese Olì per la vita, la sollevò, chiuse gli occhi e la baciò; e da quel giorno i due giovani s'amarono selvaggiamente, diffondendo il segreto della loro passione alle macchie più silenziose, ai cespugli della riva, ai neri nascondigli dei nuraghes solitarî.
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Anania finiva di seminare il grano sul prato smosso: due merli cantavano dondolandosi su una fronda d'olivastro; grandi nuvole bianche rendevano più intenso l'azzurro del cielo. Tutto era dolcezza, silenzio, oblìo.