Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 518
Da una nicchia di pietre ove s'era rifugiato coi compagni Efix vedeva le figure passare fra la nebbia come sopra le nuvole, e la storia del Diluvio Universale che il cieco giovane raccontava gli sembrava la loro storia. Ecco, alcuni patriarchi s'erano salvati e si rifugiavano sul Monte: venivano su con le loro donne e i loro figli, ed erano tristi e lieti in pari tempo perché avevano tutto perduto e tutto salvato.
p. 518
All'alba s'udì un salmodiare lontano; una processione salì dalla valle e in un attimo le roccie si coprirono di bianco e di rosso, i cespugli fiorirono di volti di fanciulli ridenti, e sotto gli elci i vecchi pastori s'inginocchiarono come Druidi convertiti.
p. 518
Sopra l'altare tagliato sulla viva pietra il calice scintillò al sole, e il Redentore parve indugiare prima di spiccare il volo dalla roccia, piantando la croce fra la terra grigia e il cielo azzurro.
p. 519
Le donne specialmente guardavano dall'alto dei cavalli, dalla cornice dei loro scialli, coi grandi occhi smarriti eppure a tratti scintillanti di gioia: qualche cosa le spaventava, qualche cosa le rallegrava, forse il loro stesso spavento. E gridi lontani risuonavano fra la nebbia come nitriti di cavalli selvaggi in corsa col vento.
p. 519
Un uomo un po' abbandonato sopra un cavallo nero saliva lentamente, tutto ricoperto da un gabbano d'orbace foderato di scarlatto.