Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 506
E l'ombra si addensava rapida; ogni nuvola, passando sul vicino orizzonte, lasciava un velo, il vento urlava dietro la chiesa, tutte le macchie tremavano protendendosi in là verso la valle, e pareva volessero fuggire, luminose d'un verde metallico, agitate da una convulsione di tristezza e di terrore.
p. 506
Ma il viso tragico si tingeva di viola e di verde, sempre più duro e immobile alla luce fosca del crepuscolo.
p. 507
E così ti dico, fratello mio, mi hanno mangiato la roba, morto mio padre e mia madre, mi hanno piluccato come un grappolo d'uva, tutti, parenti e conoscenti.
p. 507
Efix riviveva l'ora più terribile della sua vita: ricordava il ponte, laggiù, fra l'ondulare dei giuncheti alla
luna, e lui curvo a sentire il cuore del suo padrone morto...
p. 507
Andò in cerca di legna: il vento infuriava sempre più e le nuvole salivano e scendevano dall'Orthobene, giù e su come torrenti di lava, come colonne di fumo, spandendosi su tutta la valle: ma sopra le alture di Nuoro una striscia di cielo rimaneva di un azzurro triste di lapislazzuli e la luna nuova tramontava rosea fra due rupi.