Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 492
Sedette davanti a lei, per terra, a gambe in croce come uno schiavo, prendendosi i piedi colle mani: non sapeva come cominciare, ma sapeva già che la padrona indovinava. Infatti Noemi aveva lasciato cadere la viola in una valletta bianca della tela; le batteva il cuore; sì, indovinava.
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- Ma perché, Efix? - ella disse con voce vaga, pungendo con l'ago la viola. - Io non ti capisco.
p. 492
Noemi buttò giù la viola ferita e si rimise a cucire. Pareva tranquilla.
- Se Predu ha voglia di ridere, rida pure; non m'importa nulla.
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E donna Noemi era lì, pallida, che cuciva, cuciva, che gli pungeva l'anima col suo ago: e le rondini passavano incessantemente in giro, sopra le loro teste, come una ghirlanda mobile di fiori neri, di piccole croci nere.
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Non si domandava più perché Noemi rifiutava la vita: gli sembrava di capire. Era il castigo di Dio su lui: il castigo che gravava su tutta la casa. Ed egli era il verme dentro il frutto, era il tarlo che rodeva il destino della famiglia.