Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 471
Tu non ci perdoni d'esser nobili e vuoi vederci andare achiedere l'elemosina con la tua bisaccia. Ma i corvi ti divoreranno prima gli occhi.
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Ma col sorgere del sole l'incanto svanì; i falchi passavano stridendo con le ali scintillanti come coltelli, l'Orthobene stese il suo profilo di città nuragica di fronte ai baluardi bianchi di Oliena; e fra gli uni e gli altri apparve all'orizzonte la cattedrale di Nuoro.
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Ecco, pensava guardando il profilo dell'Orthobene, lassù è una città di granito, con castelli forti silenziosi; perché non mi rifugio lassù solo, e non mi nutrisco di erbe, di carne rubata, libero come i banditi? Ma da un punto aperto della valle vide il Redentore sopra la roccia con la grande croce che pareva unisse il cielo azzurro alla terra grigia, e s'inginocchiò a testa bassa, vergognoso delle sue fantasticherie.
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Prima dell'alba s'avviò in cerca di Giacinto. E su e su, per lo stradone dapprima grigio, poi bianco, poi roseo: l'aurora pareva sorgere dalla valle come un fumo rosso inondando le cime fantastiche dell'orizzonte.
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Ella lo guardò fisso: lo vide così grigio e scarno che ne ebbe pietà e non parlò più.