Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 468
Ecco, gli sembrava d'essere ancora seduto davanti alla sua capanna ad ascoltare l'usignolo che cantava laggiù tra gli ontani: sembrava la voce del fiume, quell'onda d'armonia che si spandeva a rinfrescare la notte, ed era così canora e straziante che gli stessi spiriti notturni si rifugiavano sull'orlo della collina protesi immobili ad ascoltarlo.
p. 468
Giacinto non tornava. Senza dubbio aveva saputo del disastro e a sua volta esitava a ritornare. Dov'era? Ancora ad Oliena, o a Nuoro o più lontano?
p. 469
Ma invece di Giacinto arrivò Zuannantoni con qualche cosa di nero sul petto come un avvoltoio morto.
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Che incubo, lo stradone biancastro nella notte, e la voce della fisarmonica che scendeva dalla collina e faceva tacere quella dell'usignolo!
p. 469
Tutti i folletti e i mostri s'erano scossi e danzavano nell'ombra, inseguendolo e circondandolo.
Ed ecco adesso egli aspettava di nuovo: ma Giacinto aveva anche lui preso un aspetto mostruoso, come se gli spiriti notturni l'avessero portato via nel loro regno misterioso ed egli ritornasse di là orribilmente deformato.
Meglio non tornasse mai.