Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 466
- Predu, fammi un piacere. Cercami qualcuno che possa andare a chiamare Efix al poderetto.
- Andrò io, Noemi.
- Tu? Tu? Tu... no.
- Perché no? - egli stridette. - Hai paura che ti rubi le angurie?
Ella continuava a balbettare, incosciente: - Tu no... tu no... tu no....
Don Predu indovinava il dramma che si svolgeva là dentro.
p. 466
Un passo risuonò, un po' lento, un po' pesante: una forma apparve giù nella strada: saliva, diventava grande, campeggiava gigantesca sullo sfondo incolore dell'orizzonte: era nera ma come un filo di fuoco scintillava sul suo petto, dalla parte del cuore.
p. 467
La lucerna ardeva sul sedile antico, e pareva che la fiammella facesse pietosa compagnia a donna Ruth ancora seduta immobile con la testa appoggiata alla spalliera e le mani abbandonate una qua una là con le nocche sul legno. Metà del suo viso era illuminato, cereo, metà era in ombra, nero.
p. 468
Efix, seduto sullo scalino, con un gelsomino in mano e la testa appoggiata al muro, aspettava il ritorno di Giacinto con un vago sentimento di paura.
p. 468
Ella ricordò le parole della vecchia «Zuannantoni viene a farle la serenata» e un mugolìo di dolore uscì dalle sue labbra verdastre: eran grida, gemiti, lamenti che si confondevano con le note dello strumento e col canto del fanciullo come l'ansito di un ferito abbandonato in un bosco col gorgheggiare dell'usignolo.