Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 455
Ella buttò il fascio, raccolse i denari paurosa come l'uccellino che becca le briciole e scappò via agile saltellante; ma la Maestra di parto, sebbene vedesse le monete calde umide entro i pugni ardenti di lei, le sputacchiò sul viso per toglierle lo spavento e le disse ridendo: - Vai che hai la febbre e il delirio; le monete le avrai trovate. Se ne trovano ancora, sotto il Castello. Dammele, che te le farò fruttare.
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Eccolo che viene. Alto, nero, col viso bianco alla luna, entra, siede accanto a lei sulla soglia.
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Ma Kallina tremava sostenendosi al suo fascio di legna che contro il sole cremisi le pareva una nuvola nera; non poté quindi stendere la manina e le monete d'oro che il Barone porgeva caddero per terra.
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La luna alta sul finestrino sopra la cassa mandava un nastro d'argento fino al suo petto legnoso, e dalla scollatura della camicia si vedeva la moneta d'oro infilata nel correggiuolo diventato nero.
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- Vai che hai la febbre e il delirio; le monete le avrai trovate. Se ne trovano ancora, sotto il Castello. Dammele, che te le farò fruttare.
Kallina gliele diede; solo ne tenne una col buco e se la mise al collo infilata ad un correggiuolo rosso.