Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 451
Il sangue tornava a circolargli nelle vene, ma caldo e pesante come lava; la febbre lo pungeva tutto, i raggi obliqui di polviscolo argenteo che cadevano dal tetto in rovina gli parevano buchi bianchi sul pavimento nero, e le figure pallide dei quadri guardavano tutte giù, si curvavano, stavano per staccarsi e cadere.
p. 452
Il carro spariva nella notte, ma sul ponte, sotto la luna, rimaneva don Zame morto, steso sulla polvere, con una macchia gonfia violetta come un acino d'uva sulla nuca.
p. 453
Ripiegato su se stesso come una bestia malata, sentiva le cavallette volare crepitando tra
le foglie secche e seguiva con uno sguardo stupido lo sbattersi delle loro ali iridate.
p. 453
- E adesso? Le mie padrone si sono un po' calmate perché ho promesso di cacciarti via, intendi?
Esse credono che le cambiali son davvero firmate da don Predu ed io non ho avuto il coraggio di dir loro la verità perché le firme sono false, vero? Ah, sì, è vero? Ah, Giacinto, anima mia, che hai fatto! E adesso? Andrai a Nuoro? Lavorerai? Pagherai?
p. 453
- Ebbene, senti: tu andrai ancora dall'usuraia e ti farai dare cento lire per recarti a Nuoro. Là cercherai il posto. L'importante è di cambiar strada, adesso; di sollevarti una buona volta. Intendi?