Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 441
Un grido che aveva qualche cosa di beffardo attraversò il silenzio del ciglione, sopra i due uomini, e Giacinto balzò sorpreso credendo che qualcuno avesse ascoltato il suo racconto e lo irridesse: ma vide una piccola forma grigia lunga, seguita da un'altra più scura e più corta, balzare come volando da una macchia all'altra intorno alla capanna e sparire senza neppur lasciargli tempo di raccattare un sasso per colpirla.
p. 442
Don Predu, mi dica, ha veduto il mio padroncino? L'altra sera venne qui che aveva la febbre e adesso sto in pensiero per lui. Don Predu rise, dall'alto del cavallo, col suo riso forzato a bocca chiusa, a guance gonfie.
- Ieri sera l'ho veduto a giocare dal Milese. E perdeva, anche!
p. 443
Efix lo guardava dal basso, spaurito; e il grosso uomo a cavallo gli sembrava, nel crepuscolo rosso, un uccello di malaugurio, uno dei tanti mostri notturni di cui aveva paura.
p. 443
Persino i fantasmi, quella notte, non osavano uscire, tanta luce c'era: e il mormorio dell'acqua era solitario, non accompagnato dallo sbatter dei panni delle panas. Anche i fantasmi avevan pace, quella notte.
p. 444
S'alzò e andò a fare un giro nel poderetto. Sì, sul sentieruolo bianco si disegnava anche l'ombra dei fiori: le foglie dei fichi d'India avevano le spine, nell'ombra, e dove l'acqua era ferma, giù al fiume, si vedevano le stelle.