Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 871
Egli accennò di sì, ma volse un po' annoiato la guancia sul cuscino: ed ella vide come una rosa apparire sulla tela, sotto l'angolo della bocca di lui; era sangue.
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Avevano poi quasi tutti, in fondo, la paura che qualcuno della giustizia arrivasse da Nuoro e turbasse il mistero: ad ogni rumore sollevavano la testa ascoltando.
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Il prete sedeva in mezzo a loro; era il solo che di tanto in tanto si permettesse di dire qualche parola, ma tosto la sua voce si sperdeva nel silenzio degli altri. C'era del resto qualche cosa di religioso in quella cena, in quel cerchio di persone piegate ciascuna sul proprio affanno, ma legate da un pensiero comune: tacere. E tacevano, e pareva facessero la comunione prima di prepararsi ad assistere al mistero della morte di un uomo.
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Anche gli uomini entrarono e s'inginocchiarono in fondo alla stanzetta, a testa nuda, con la berretta in mano. La porta rimase aperta e la luna vi stese davanti un drappo d'argento. Di fuori l'usignuolo cantava.
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In settembre ella andò alla festa di Nostra Signora del Miracolo, per riportare l'anello. Erano ospiti, lei e suo padre, di una ricca famiglia di proprietari di Bitti: e il figlio maggiore, ch'era ancora scapolo mentre tutti i suoi fratelli avevano già moglie e figli, stette, tutto il tempo che durò il pranzo della festa e poi mentre gli uomini cantavano e le donne ascoltavano, a guardare Marianna.