Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 844
- Non è certo da voi che vostra figlia possa sperare di veder aggiustate le sue cose. E tu, cugina, mandami pure via, se credi, chiama il tuo servo e aizzami il cane contro; ma io ti difenderò egualmente, contro te stessa, come si difende una pazza. E adesso ascoltami anche tu! Ascoltatemi tutti. Il gridare è inutile. Ma io mando a dire a Simone Sole che non si avvicini mai più in vita sua a te, Marianna Sirca: altrimenti, per il segno di questa santa croce, lo ammazzo come un cinghiale, come una volpe, che va dentro l'ovile.
p. 845
Sebastiano non insisté: andò a riprendere il suo cavallo, vi montò su e ripassò davanti alla cucina; e di nuovo la sua ombra oscurò la chiarità della luna. Poi il passo del suo cavallo risonò a lungo, nella serenità della notte.
p. 845
Costantino rattizzò il fuoco e nel protendersi il rosario - un piccolo rosario rosso che pareva fatto di bacche di agrifoglio - gli cadde dalla cintura battendo sulla pietra del focolare.
p. 845
- È questo, che noi ci dimentichiamo di Dio e che dobbiamo morire. Marianna, figlia mia, ascoltami: mi pare d'essere davanti alla morte e di parlarti libero delle cose terrene: ascolta, Marianna, non rovinare due cristiani.
p. 846
La luna splendeva nel mezzo del cielo d'un azzurro puro come quello delle albe estive e ogni filo d'erba esalava il suo odore più dolce; eppure di tratto in tratto il grido dell'assiuolo pareva il gemito del cuore della terra che fra tanta quiete si doleva d'una pena segreta inguaribile.