Grazia Deledda
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
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S'accorgeva dell'incertezza dell'ospite e dell'equivoco in cui stava suo padre, ma aspettava che il primo se ne andasse per chiarire ogni cosa: taceva anche perché il servo, rientrato, osservava curioso senza dimostrarlo: e fu il primo lui a sollevare la testa nel sentire un passo lontano di cavallo.
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Da tanto tempo non rivedeva Sebastiano: ecco che egli ricompariva nel momento in cui pareva che la sorte avesse deciso tutto. Il rumore del passo del suo cavallo risuonava come quello delle prime gocce di pioggia d'un uragano. In breve fu davanti alla porta; e la sua ombra e quella del suo cavallo oscurarono la soglia cancellando il mite chiarore della luna.
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In breve fu davanti alla porta; e la sua ombra e quella del suo cavallo oscurarono la soglia cancellando il mite chiarore della luna. L'abbaiare dei cani rompeva la quiete della notte.
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Allora egli si batté forte la mano sul ginocchio, per richiamare se stesso allo scopo della sua visita: e scosse più volte la testa china sul petto, meravigliato di quello che succedeva. Poi disse al servo: - Va a guardare se il mio cavallo mangia, - e il servo capì che doveva allontanarsi, sebbene abituato a prender parte a tutti gli affari dei suoi padroni.
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- Tu l'offendi! Tu! Che cosa sei andato a cercare in casa sua questa mattina a Nuoro, e che sei venuto a fare qui adesso? Perché non viene lui, il tuo compagno, invece di mandare te per suo messo? Ah, ha paura adesso, il valente uomo, ha paura... Non è più sola, la donna, perché egli possa avvicinarsi.